I quartieri della città greca
Secondo la logica di occupazione territoriale greca, come tutte le altre città presenti lungo le sponde del Mediterraneo, anche Kroton era distinta tra l'asty e la chora, ovvero tra la città urbanizzata ed i suoli agricoli circostanti. Al suo interno, poi, la città prevedeva zone intensamente edificate alternate a spazi aperti. Tutto il resto era considerato eschatià, vale a dire territorio esterno, incolto, disabitato, sinonimo di luogo selvaggio, inospitale e incontrollato. Nel mondo greco, inoltre, specie in Occidente, fu sempre particolarmente sentita l'esigenza di un'organizzazione razionale degli spazi dettata da criteri urbanistici ordinati, in modo che per la città fossero garantite funzionalità nei percorsi e prevenzione dal rischio alluvioni, nonché, con la corretta esposizione ai venti ed al sole, fosse assicurata la salubrità agli edifici e quindi la salute agli abitanti.
Quindi, tenuto conto della conformazione orografica dell'area, il tessuto urbano della città di Kroton fu articolato secondo una strutturazione basata su tre settori principali, che si aprivano a ventaglio attorno alla linea di costa dall'andamento a mezza luna. Ciò doveva favorire il corretto deflusso delle acque meteoriche, che venivano incanalate in condotte idriche o scoli lungo le strade, disposti secondo la pendenza naturale dalle colline verso il mare. La prima partizione, assieme al settore che va dall'attuale piazza Pitagora fino all'Ospedale Civile, inglobava la collina oggi occupata dal centro storico sulla quale doveva insistere l'acropoli, luogo di norma più sacro per una polis, ed aveva strade e lotti abitativi perfettamente orientati Nord-Sud. La seconda, dal Campo Sportivo fino al fiume Esaro, era divergente di 30° ad Est e, probabilmente, comprendeva al suo interno l'agorà, la grande piazza pubblica con edifici dalle funzioni eminentemente politiche e destinato alla socializzazione. La terza, infine, dal fiume Esaro alla contrada Vela e fin quasi al torrente Passovecchio, comprendeva un ampio spazio pianeggiante antistante le ormai dismesse industrie Pertusola Sud e Montedison, e divergeva di ulteriori 30° ad Est. La città era circondata, verso l'interno, da una corona di colline (Cimone Rapignese, Carrara, Santa Lucia) che, di fatto, ne rappresentavano il limite fisico sul fronte sud-occidentale e, nello stesso tempo, definivano il progressivo passaggio tra città e territorio. Non a caso, infatti, proprio lungo questa linea trova riscontro sul terreno la presenza delle principali aree di necropoli e l'andamento della cerchia muraria, innalzata quasi certamente non prima della metà del IV secolo a.C. Nelle tre partizioni dell'impianto urbanistico di Kroton esisteva poi una fitta rete viaria, formata dal rigoroso allineamento di strade: alcune poche più larghe (le plateiai) dovevano costituire gli assi fondamentali nella forma dell'impianto, la maggioranza (gli stenopoi) si intersecavano perpendicolarmente tra loro dando sostanza al sistema.
Gli scavi hanno rivelato continue sovrapposizioni su questo fondamentale orientamento di assi stradali e strutture edilizie sopra descritto, almeno a partire dagli ultimi anni del VII secolo a.C., anche se l'identità urbanistica più certa è possibile ricostruirla per il periodo compreso tra il IV e III secolo a.C. In ogni caso, l'organizzazione complessiva doveva essere già stata impostata precedentemente, a seguito di organiche divisioni delle superfici di terreno e sulla base di delimitazioni uniformi in lotti (i klèroi), in parte assegnati ai coloni e in parte destinati alle zone comuni ed al sacro, nel corso della prima generazione coloniale, vale a dire tra la fine dell'VIII e la metà del VII sec. a.C.